ANIEP - Associazione Nazionale per la promozione e la difesa dei diritti delle persone disabili

Poliosurvivors

(di Lia Fabbri, aprile 2013)

Fra le tante ingiustizie che avvelenano la condizione socio-economica nella quale viviamo, permane la situazione delle persone poliomielitiche, che, risentendo in modo grave dei postumi del virus, non trovano difese adeguate al rischio gravissimo di perdere l’autonomia faticosamente raggiunta.

Come è noto, la poliomielite anteriore acuta (P.A.A.), o morbo di Heine-Medin è una patologia scomparsa in quasi tutto il mondo; (focolai endemici permangono solo nel Sud-Est dell’Asia e in alcune aree africane) mentre permane il problema di chi ha contratto la malattia, specie durante le gravi epidemie della metà del secolo scorso.
Siamo decine di migliaia, fra cui molti ancora in età lavorativa, in quanto ben 36.000 si sono ammalati nel periodo che va dal 1956 all’inizio degli anni 60, quando l’introduzione della vaccinazione obbligatoria riuscì a debellare il propagarsi del virus. A questi si aggiungono coloro che, spesso giovanissimi, provengono dalle aree nelle quali ancora permangono epidemie violente,
Storicamente la poliomielite, che nel nostro Paese colpiva soprattutto bambini in tenerissima età (tanto da venire chiamata anche “paralisi infantile”), veniva distinta in 3 stadi: la fase acuta che durava pochi giorni con febbre alta, disturbi vari che si confondevano con quelli influenzali ma che lasciavano poi la paralisi prevalentemente al tronco ed agli arti inferiori. La seconda fase era caratterizzata da un recupero spontaneo soprattutto nei primi mesi, recupero spesso raggiunto con interventi chirurgico-ortopedici e con l’uso di tutori.
I piccoli polio e le famiglie potevano contare, in quegli anni lontani, di strutture, di medici, di tecnici ortopedici attenti e preparati. Naturalmente si era molto lontani dalle cure che negli Usa si offrivano ai colpiti dalla polio, con un’attenzione particolare dovuta al fatto che il grande Presidente Franklin Delano Roosevelt era egli stesso poliomielitico e aveva promosso ricerche e cure del tutto innovative. Qui, in Italia, la sensibilità e le conoscenze erano minori tanto che, mancando i polmoni d’acciaio necessari, pochi sopravvissero fra i colpiti all’apparato respiratorio, ma per tutti gli altri strutture come l’Istituto Rizzoli di Bologna, l’Ospedale di Malcesine, lo Spolverini di Ariccia, per ricordare i maggiori, furono comunque realtà capaci di dare speranza. I medici preparati non mancavano (Scaglietti, Delitala e tanti altri ancora), e tutti rassicuravano le famiglie perché la previsione era di una terza fase di stabilizzazione, quella nella quale si poteva ormai essere certi di non peggiorare, quella che racchiudeva però il confronto con la vita, con la necessità di studiare, lavorare, amare come tutti, con qualche problema in più.
I poliomielitici lo hanno fatto e molti hanno fatto di più, perché con Aniep si sono dedicati anche alle altre persone disabili per ottenere il riconoscimento dei loro diritti costituzionali.
Passati i decenni, ci si trova però oggi con la constatazione amara che le previsioni di quei medici erano palesemente miopi, non prevedendo i gravi postumi, gli effetti tardivi della poliomielite che nel passare degli anni porta all’usura dei tendini e delle ossa sovraccaricate dall’esigenza di supplire alle forze mancanti degli arti colpiti. Un invecchiamento problematico che necessita di grande attenzione, di una conoscenza sapiente che invece è andata dispersa.
I medici oggi non conoscono e quindi non riconoscono la poliomielite, non sanno come prevenire e trattare le ossa indebolite, come intervenire sulle frequenti fratture, mentre i processi di riabilitazione, di ginnastica (specie in acqua), sono ben poco accessibili ai più. Dimenticata stupidamente, la poliomielite ha continuato ad esistere nelle persone con i problemi quotidiani che diventano sempre più duri, specie per chi sta soffrendo di un ulteriore stadio di questa patologia, di quella “sindrome post-polio” (PPS) che dagli anni ’80 ha riacceso l’interesse dei ricercatori.
Riguarda ad oggi una minoranza dei polio ed è caratterizzata dalla comparsa 35- 40 anni dopo l’attacco acuto da una diminuzione della forza muscolare degli arti meno colpiti o anche di quelli sani, una forte: sensazione di stanchezza, dolori muscolari, intolleranza al freddo, disturbi del sonno, difficoltà respiratorie.
La confusione fra questa fase e i semplici postumi da invecchiamento ha creato e crea ancora in molti casi un deciso scetticismo nei confronti della sindrome, uno scetticismo che ritengo sbagliato, perché convegni nazionali e internazionali hanno sciolto ogni dubbio sulla sua realtà, senza purtroppo avere dato, ad oggi, soluzioni positive alle sperimentazioni che pure sono state messe in atto.
In Italia la poliomielite non è riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale. Grazie alla scomparsa delle epidemie si sono cancellate anche le persone, i poliosurvivors, come ci definiscono nei documenti europei.
Di qui molti progetti di legge si sono succeduti per sanare l’evidente gravissima lacuna, spesso relativi alla sola “sindrome” mentre l’unico presidio per la cura e la ricerca sulla polio riconosciuto dalla Conferenza Stato-Regioni rimane l’ospedale di Malcesine, cui però non si fornisce quanto si dovrebbe.
Ultimo tentativo in ordine di tempo la proposta di legge d’iniziativa dei deputati Patarino e Barani, (la n. 5183) per inserire fra le malattie croniche o invalidanti la sindrome post polio come quarta fase della patologia, quasi un sinonimo dell’aggravamento dei postumi insito nello scorrere del tempo. Ma la diagnosi della sindrome in effetti non è affatto facile, e risulta evidente quindi che la proposta di legge avrebbe dovuto semplicemente riguardare la poliomielite in tutti i suoi effetti tardivi.
Ancora una volta la confusione si è affacciata, nonostante la buona volontà degli estensori! La proposta, presentata il 9 maggio 2012, è assai simile alla precedente Codurelli, Turco, ha ricevuto l’assenso nei dovuti passaggi parlamentari, ma alla fine dell’anno è stata accantonata dal Ministero del Tesoro perché… manca la copertura finanziaria al progetto (dieci milioni di euro per il primo triennio)!
Credo a questo punto che la situazione possa venire affrontata seriamente, dal punto di vista normativo, soltanto in un quadro complessivo di applicazione della Convenzione Onu, così come presuppone il grande lavoro svolto dall’Osservatorio nazionale sulle persone con disabilità, ma il sapere perduto dipende soprattutto dall’etica professionale dei medici e dei docenti, che hanno l’obbligo morale di colmare la profonda lacuna conoscitiva sugli effetti della poliomielite, una lacuna colpevole e vergognosa che mette quotidianamente a serio rischio di non autosufficienza migliaia di cittadini italiani.

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